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Racconti

Suite per archi

La macchina staziona a motore acceso. Tarda ad andarsene. Nessuno se ne va stasera. Loro fanno le valigie. Il tappo rosso. Il tavolo bianco. Il cerchio della luna. Terza persona. Cielo scuro. Cielo chiaro. Il triangolo del sole sulla loggetta. Le piante esagonali. Piccoli fiori rosa. Si aprono al mattino. Rimanere. Rimani. Andare. Vai. Terza persona con suite per archi.
Fare le valigie. Attraversare. Campagna. Valli. Fiumi. Acque di superficie. Terzo elemento non naturale. Susseguirsi di prati gialli. Olivi piangenti. Erbe urticanti. La ferrovia luccica lentezza nel lento urlo di primavera sbiadita di luce. Pettine di candore. Orecchini di ranuncoli. La strada serpeggia parallela al ferro, alla polvere, alle scatole bianche. Arpeggi di silenzio. Gorgheggi di fate. Non andare mai. Non restare mai [...] Scrivere corto pensieri lunghi.
Le persiane abbassate. Gocce di luce. Irradiazione ordinata di pulviscolo. Pensare. Rappresentare. L'urlo di un uomo alla finestra. Emozioni scomposte contro i palazzi dormienti, ordinati in rettangoli precisi e sporchi. Emozioni rotte sotto il davanzale. Urla. Voracità. Strazio. Consunzione. A braccia aperte contro il dolore. Trafitto lui. Trafitta l'aria. Trafitto il pulviscolo.
Mordere i muri. La felce in acqua. Dall'altra parte della finestra la vita scorre liquida.
Il suo corpo è solido. Robusto. Largo. Ben piantato. I capelli neri e ricci. Il volto trasfigurato.
Da quando urla per strada che rivuole sua moglie. Che le venga ridata. E piange anche. Urla e piange. Un pianto rotto. Senza senno.
Una lastra rocciosa a strapiombo nel cielo.
Quando si stanca, smette di fare su e giù dentro un rettangolo di asfalto e se ne va.
Torna tutte le mattine a cantare il suo mondo franato.
Pensare. Immaginare. La capienza di un urlo, accade.
La finestra in acqua. Scorre liquida dall'altra parte della strada. Una felce morde i muri.
Macchine. Ore di macchine. Giorni di macchine. Notti di macchine. Settimane di chilometri interminabili di macchine. Scooter. Moto. Autobus. Camion. Ambulanze. Elicotteri. Macchine. Polvere. Gomme. Scarichi. Nero. Sporco.
Sporco pulviscolare. Nulla di poetico. Sporco. Su tutto. Sulle lenzuola. Pulviscolo. Dagli spifferi della soffitta. Pulviscolo. Nero. Sporco.
Il cielo macchiato sopravvive impassibile. Gioca a colori con il sole. Impassibile la bellezza. Il bello molto spesso risiede nell'impassibile. Rosso fuoco e sfumature avena su sfondo azzurro tagliato con il verde. La stessa città, un'altra città senza l'immenso monumentale che gronda nell'altra città, nella stessa città. Solo i pini. Rettangolari e impassibili. Azzurro e verde senza mai raggiungersi, non si lasciano mai. Come certi tetti, scorci, antichità, saldi alla terra così come al cielo. Blocchi di bellezza.
Sotto lo sporco. Sopra l'impassibile.
Per tutta la casa carcasse di api.
Tutto arriva. Anche una soffitta. In una città che potrebbe essere anche un'altra città.
La luce. La soffitta è soffocata dalla luce. Per la soffocazione si sceglie la soffocazione. Il giogo karmico, il filo di ciliegio, il trafiletto di legno che fa incagliare il cassetto del comò. La chiave che si è persa. Le dislocazioni. Il triangolo di luce. Le loggette. Tutto rimane. Lo smog. Il respiro corto. Le distanze mai colmate. Gli apparecchi rotti. Le scatole bianche bagnate. L'inchiostro tutto sciolto. Il non piangere. La fioritura delle piante. Primavera. E ancora primavera. Sul vuoto.
Le carcasse delle api. Macabro. Sul vuoto. Soffocato dalla luce. Il triangolo di sole sulla loggetta.
Soffocazione.
Ci sono solo macchine. Tutto il resto, e.
I palazzi sono rettangolari e tracciano un folto sottobosco di strade. Lungo i marciapiedi alberi con fiori bianchi. Non ci sono gli alberi di Giuda. I fiori bianchi caricano i rami e lasciano intravedere viali alberati con un pavimento di petali. Se solo crescessero. Se solo piovesse. Si comincia a sentire in bocca la sete dell'albero e delle piante. Un sapore asciutto e rugoso. Come tutte le constatazioni tali da esser considerate constatazioni. Cose minute, a volte anche banali al crocevia dei sensi e dei venti.
Fra profumo, fragore e follia. Punti di fissazione. Punti di volta. Punti di svolta. Punti sul nulla.
Occhietti di constatazione con il collo a molla e le api morte.
Torna tutte le mattine a cantare il suo mondo franato. Urla per strada che rivuole sua moglie. Che le venga ridata. Un pianto rotto. Senza senno.
Una lastra rocciosa a strapiombo nel cielo.